Ferriera, dopo il sì all’accordo ecco la proposta Cgil per ragionare in una logica di Sistema Trieste

Dopo il Sì all’accordo sulla Ferriera, con il 59% dei lavoratori che si sono espressi a favore nel referendum, la Cgil lancia un’accusa. Il segretario provinciale Michele Piga, che era contrario all’intesa con Arvedi, afferma: «Chiaramente è prevalsa la logica del ricatto e nessuno ha protetto i lavoratori. Ora alla politica chiediamo un impegno per rilanciare l’industria e ragionare sul sistema Trieste. Ma rispetteremo, come sempre, la volontà  della maggioranza. Non cambiamo comunque il giudizio sull’accordo, che consideriamo pessimo nel metodo e nel merito, soprattutto perché i lavoratori hanno scelto in un contesto non protetto, con le minacce che ci sono state da parte di Arvedi e con la decisiva presa di posizione, proprio in prossimità  della consultazione, del ministro Patuanelli, che ha ipotizzato un accordo con la Fincantieri. Il tutto nel silenzio del presidente della Regione, Massimiliano Fedriga e del sindaco, Roberto Dipiazza, che non hanno speso una parola a favore dei lavoratori. Su questo fronte abbiamo registrato solo l’intervento di Debora Serracchiani, che non ha esitato invece a criticare il clima nel quale si è votato».
Nella conferenza stampa tenuta assieme al segretario della Fiom, Marco Relli, Piga ha denunciato anche l’esclusione degli interinali dal voto, che sono poi quelli che, in conseguenza dell’accordo, perderanno da subito il posto di lavoro. Il segretario ha poi illustrato la proposta della Cgil, in sette punti: «Chiediamo al ministero dello Sviluppo economico, a Fedriga, a Dipiazza e al presidente dell’Autorità  portuale, Zeno D’Agostino, di ragionare in una logica di “Sistema Trieste”, per il rilancio di una nuova industria, in grado di assicurare tutti i lavoratori della Ferriera all’interno di un progetto più ampio. Faremo un’assemblea con i lavoratori della Ferriera e dell’indotto per discutere del futuro dell’industria locale, partendo dalla richiesta di una soluzione dei problemi del sito inquinato, per avere la possibilità  di nuovi insediamenti e auspicando che la centrale elettrica sia a disposizione di tutta la manifattura e del porto. Serve infine l’applicazione del regime di Porto franco internazionale di Trieste anche per quanto riguarda la manifattura».