Le contraddizioni dello smart working

Siamo al paradosso. Abbiamo lavoratori che
vorrebbero fare smart working ma non glielo concedono, altri che sono
obbligati a lavorare a casa anche quando vorrebbero tornare in ufficio».
A denunciare la contraddizione, in un’intervista al Piccolo, è
Elisabetta Faidutti, segretaria regionale della Fisac, il sindacato Cgil
che rappresenta i lavoratori del credito e delle assicurazioni. Il
quotidiano ha contattato anche Susanna Pellegrini, della segreteria
regionale, che punta il dito nei confronti delle aziende: «Il lavoro
agile ““ spiega ““ non può essere utilizzato in modo unilaterale, è un
diritto dei lavoratori e va regolamentato contrattualmente».
Emblematica la situazione delle assicurazioni,
di gran lunga il settore dove è più alto il ricorso allo smart working,
tanto che in questa situazione si trova la quasi totalità  dei
dipendenti. «Quasi il 95% del personale delle compagnie assicurative ““
spiega ““ è tuttora in lavoro da remoto e rimarrà  a casa fino all’autunno
se non fino alla fine dell’anno. Stiamo parlando, per quanto riguarda i
gruppi con sede in città , di 1.000 persone in Genertel, almeno 800 per
generali e altrettante per Allianz. Il paradosso non è che possano
lavorare da casa, ma che siano costretti a farlo. Il motivo? Quello
ufficiale sono i vari provvedimenti governativi che hanno incentivato
questa modalità  di lavoro, quello reale la sicurezza, i forti risparmi
sulle misure di prevenzione, pulizia e sanificazione e altre economie,
si pensi soltanto ai costi di affitto, utilizzo e manutenzione delle
sedi. Il tutto senza ripercussioni in termini di efficienza». Uno stato
di cose che però, a gioco lungo, crea malcontento tra i lavoratori:
«Premesso che non stiamo parlando di personale con contatti in presenza
con il pubblico, come quello delle agenzie assicurative, a fronte di
tutto questo i lavoratori e le lavoratrici non hanno percepito a titolo
di contributo o rimborso spese, se non delle indennità  una-tantum, come
ad esempio 150 euro nel caso di Genertel», denuncia ancora Faidutti,
senza nascondere la preoccupazione del sindacato anche per gli effetti a
lungo termine in termini di isolamento, alienazione, mancanza di
contatti e di momenti di aggregazione tra i lavoratori. Tutta una
dimensione sociale del lavoro che rischia di venire meno, con
ripercussioni anche per l’attività  del sindacato, ovviamente, come
rileva Susanna Pellegrini, responsabile delle politiche del lavoro della
segreteria regionale Cgil.
Le prospettive, per di più, sono di un massiccio
ricorso allo smart working anche quando (e se) l’emergenza sarà  finita.
«In Genertel ““ spiega ancora Faidutti ““ si prospetta già  il ricorso al
lavoro agile per l’80% del personale di vendita alla fine del periodo
emergenziale». Una richiesta che i sindacati dovranno naturalmente
gestire dal punto di vista contrattuale, affrontando anche temi come
quelli della gestione della sicurezza, degli infortuni e del sostegno
per le maggiori spese sostenute dalle lavoratrici e dai lavoratori, sui
quali attualmente si naviga un po’ al buio.
Situazione opposta sul fronte delle banche, dove
il ricorso allo smart working è ormai circoscritto alle persone
fragili, oppure alle funzioni interne e alle direzioni. Negli altri casi
le richieste avanzate in tal senso dai lavoratori vengono nella
stragrande maggioranza dei casi respinte dagli istituti di credito. Pesa
naturalmente il fatto che si tratti di un lavoro che prevede il
contatto diretto con il pubblico, ma questo non toglie che una
percentuale di ricorso al lavoro agile, secondo il sindacato, potrebbe e
dovrebbe essere contemplata, «anche alla luce dei positivi risultati
che lo strumento ha dato durante le fasi più critiche dell’emergenza,
quando anche nelle banche e in tutti gli altri settori dove il ricorso
allo smart working è stato massiccio», come fa notare ancora Pellegrini,
molto critica nei confronti delle aziende.«Lo smart working ““ denuncia
la segretaria confederale ““ è prima di tutto un diritto, non si può
pensare di utilizzarlo in modo unilaterale e nell’esclusivo interesse
delle aziende. Come tale va regolamentato dalla contrattazione
affrontando così tutti i problemi che sono emersi sulla sua
applicazione, comprese la formazione e il diritto di disconnessione.
Prevedere pause, fare distinzioni tra lavorare il giorno e la notte, di
sabato e festivi, sui mezzi da utilizzare, evitare le discriminazioni di
genere: bisogna allargare la contrattazione e fare in modo che lo smart
working e tutte le altre modalità  di lavoro siano inquadrate e
disciplinate dal contratto» Fonte: https://www.onlinesconto.it