Mense scolastiche, polemica sui finanziamenti
(di PIERO RAUBER) Con l’acqua alla gola, se non peggio, per l’ondata persistente di rincari sui generi alimentari e per l’ultimo aggiornamento ministeriale dei minimi contrattuali di settore da garantire ai suoi 190 dipendenti, la vicentina Euroristorazione –
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e mezzo fa le aprì le porte delle cucine e delle sale da pranzo delle scuole, anche in ragione di un’offerta nettamente più bassa ed evidentemente ottimistica rispetto alle buste dei concorrenti – un potente adeguamento del contratto: un’una tantum da 700mila euro. Tale è la differenza tra quanto chiede l’Euroristorazione e ciò che il Comune intende fin qui riconoscere in base ai parametri Istat oltre la base, pattuita all’epoca, dei 15 milioni e mezzo in quattro anni.
Riprende a vibrare dunque, dopo un silenzio di dieci mesi, una delle corde più sensibili tra i servizi alla persona di cui si fa carico, con il meccanismo delle esternalizzazioni, l’ente mmunicipale. L’ultima avvisaglia del bubbone si era manifestata a febbraio, con il personale della ditta vicentina in sciopero contro le paghe basse e i ritmi di lavoro definiti «insostenibili». Non è da ieri, insomma, che l’Euroristorazione tira la cinghia. Senza nascondere, peraltro, di essere in rosso. Almeno di mezzo milione. Ma il chiamarsi fuori con largo anticipo rispetto al quadriennio pattuito, dal primo luglio 2006 al 31 agosto 2010, le costerebbe caro. Troppo: un milione e mezzo, pare, di clausola rescissoria.
Alla luce di un primo chip aggiuntivo di Palazzo Cheba, ritenuto però insufficiente, l’Euroristorazione è tornato a bussare alla porta a giugno, in pratica a metà contratto, con una lettera firmata dall’avvocato Maurizio Servidio. La replica, sottoscritta a sua volta da un legale, il referente dell’Avvocatura comunale Oreste Danese, è stata picche. «La domanda di revisione dei prezzi – precisa infatti Danese – è possibile nei limiti previsti dal capitolato d’appalto, e a quello l’ente si attiene». «È tutta una questione di lettura di quel capitolato», ribatte Servidio. Che incalza: «Stiamo lavorando in perdita, non siamo nelle condizioni ideali per assicurare al meglio il servizio. Chiediamo al Tar un’interpretazione della clausola contrattuale che regola la revisione dell’offerta e che a nostro avviso, come prevede il codice degli appalti del
I due legali si sono rivisti 48 ore fa in piazza Unità , nella sala udienze del Tar, che ha fissato l’esame di merito della causa al 6 maggio. Non è escluso che, in quell’occasione, possa maturare una sentenza intermedia: in sostanza, né zero né 700mila euro. «C’era un accordo con il Comune – tuona intanto Marino Sossi, segretario provinciale della Cgil Funzione pubblica – in virtù del quale l’impresa doveva vedersi riconosciuta una certa quota di revisione, ma nulla si è mosso. Nel frattempo le lavoratrici delle mense continuano a correre come forsennate per garantire un servizio adeguato ai bambini».