Oltre cinquemila persone in corteo fino a piazza Unità
Oltre 5mila persone hanno preso parte al tradizionale corteo del Primo Maggio a Trieste, per una festa all’insegna del lavoro ma non solo. Ma il tema occupazione è rimasto ovviamente al centro della giornata. Tremila posti infatti recuperati in regione nel 2016, ma restano 20mila quelli persi dall’inizio della crisi. Uno stillicidio che ha penalizzato soprattutto i giovani, visto che gli under 34, in regione, sono poco più del 20% degli occupati, 1 su 5, e che al di sotto dei 30 anni la disoccupazione supera il 20%, 8 punti in meno del dato nazionale, ma 4 in più rispetto al 16% medio del Nordest. I numeri non parlano ancora di ripresa, e l’emergenza lavoro è rimasto il grande tema del Primo Maggio: un’emergenza non soltanto quantitativa, come spiegano i segretari regionali di Cgil, Cisl e Uil Villiam Pezzetta, Giovanni Fania e Giacinto Menis, ma anche qualitativa, perché nasce anche dalla crescita della precarietà e del lavoro povero. Questo il grido d’allarme lanciato non solo dal corteo di Trieste, ma anche da quelli di Cervignano, Gradisca e Pordenone. Alle manifestazioni della Festa del lavoro in regione hanno partecipato non meno di 11mila persone: oltre 5.000, oltre che a Trieste, anche a Cervignano. A Trieste ha parlato anche il segretario della Cgil provinciale Michele Piga (il discorso)
Ma il tema centrale resta il lavoro, come ricorda il segretario regionale della Cgil Villiam Pezzetta. «Né a livello regionale né in regione ““ spiega ““ si intravedono i segni di una vera ripresa. Ecco perché, dopo il grande sforzo fatto sugli ammortizzatori e sulle politiche difensive, è indispensabile concentrarsi sulle politiche attive, dal sistema della formazione alla riqualificazione professionale, e su tutti quei provvedimenti che possono rilanciare gli investimenti pubblici e privati: messa in sicurezza del territorio e degli edifici, infrastrutture, sostegno al turismo, incentivi mirati all’innovazione di processo e di prodotto nel manifattutiero, che resta l’architrave dell’economia regionale. Solo così potremo tornare a produrre valore aggiunto e occupazione di qualità , invertendo una tendenza che non vede una vera ripresa del lavoro, ma una diffusione sempre più allarmante del lavoro povero e della flessibilità esasperata, di cui sono espressione anche la deregulation degli orari commerciali e la piaga delle aperture festive, in spregio della legge approvata dal Consiglio regionale, del significato profondo di ricorrenze come il Primo Maggio e senza che questo abbia contribuito a un rilancio del comparto distributivo». Sulla stessa linea i due “nazionali” che hanno concluso le manifestazioni di Trieste e di Gradisca d’Isonzo, i segretari generali della Uilcom Uil Salvatore Ugliarolo e della Fillea Cgil Alessandro Genovesi.
«Dopo anni di crisi ““ queste le parole di Ugliarolo sul palco di piazza Unità ““ l’auspicio è che si possa ricominicare a far crescere l’economia, ma per far ripartire il nostro grande Paese ci vuole la collaborazione di tutti, Governo, forze economiche e parti sociali. Noi pensiamo a un rilancio del modello Paese che possa dare stabilità e prospettive all’economia, ma questo richiede meno demagogia, meno populismo e più collaborazione tra tutti gli attori coinvolti. Questa sfida si vince anche puntando sul rilancio di colossi ancora in mani italiane, come Poste, Eni, Enel, dopo una politica di privatizzazioni che, da Telecom fino al caso Alitalia, ha messo a nudo tutti i suoi limiti. L’esempio di Fincantieri, con l’acquisizione di Saint Nazaire, è la dimostrazione che quando tutte le parti si siedono costruttivamente attorno a un tavolo si possono trovare soluzioni capaci di dare continuità produttiva e occupazionale anche nell’ambito di grandi gruppi a controllo pubblico».
«Dopo anni di crisi ““ queste le parole di Ugliarolo sul palco di piazza Unità ““ l’auspicio è che si possa ricominicare a far crescere l’economia, ma per far ripartire il nostro grande Paese ci vuole la collaborazione di tutti, Governo, forze economiche e parti sociali. Noi pensiamo a un rilancio del modello Paese che possa dare stabilità e prospettive all’economia, ma questo richiede meno demagogia, meno populismo e più collaborazione tra tutti gli attori coinvolti. Questa sfida si vince anche puntando sul rilancio di colossi ancora in mani italiane, come Poste, Eni, Enel, dopo una politica di privatizzazioni che, da Telecom fino al caso Alitalia, ha messo a nudo tutti i suoi limiti. L’esempio di Fincantieri, con l’acquisizione di Saint Nazaire, è la dimostrazione che quando tutte le parti si siedono costruttivamente attorno a un tavolo si possono trovare soluzioni capaci di dare continuità produttiva e occupazionale anche nell’ambito di grandi gruppi a controllo pubblico».