Wärtsilä, la protesta dei 451 cappellini
Una serie di 451 caschetti e berretti tutti in fila, nella rovente Piazza della Borsa: questa la protesta nel presidio promosso da Fiom Cgil, Fim Cisl e Uilm il 4 agosto, che ha visto oltre un migliaio persone in piazza per dire che lo stabilimento Wärtsilä di Bagnoli della Rosandra non può e non deve fermare la produzione, e che la lotta continua. Presenti operai della fabbrica, impiegati, qualche dirigente ma anche ex dipendenti, lavoratori dell’indotto e triestini che hanno voluto ribadire alla multinazionale finlandese una battaglia in difesa della dignità del lavoro e per mantenere a Trieste un pezzo di industria importante. La protesta si è svolta nel giorno in cui sono state proclamate otto ore di sciopero in tutte le sedi della multinazionale finlandese in Italia, contro la decisione del gruppo di chiudere la produzione a Trieste. Il lavoro si è fermato quindi anche a Napoli, Cuneo, Taranto e Genova. Presente ovviamente anche il sindacato, a tutti livelli, dal provinciale al nazionale.
Marco Relli, segretario provinciale Fiom, assieme a Antonio Rodà della Uilm triestina, e ad Alessandro Gavagnin della Fim Cisl, ha sottolineato la necessità di dare corpo alle parole del ministro dello Sviluppo economico Giorgetti sul futuro del distretto del mare e della navalmeccanica, che non può non avere in Wärtsilä un soggetto chiave, centrale, in un territorio in cui le competenze sono elevatissime e non possono essere sprecate. Chiaro il messaggio: «Sì al mantenimento dello stabilimento a Bagnoli, col ritiro della procedura da parte dell’azienda, no alla deindustrializzazione di Trieste».